Ho letto questa mattina le dichiarazioni del sindaco Lo Russo relativamente alla decisione del Parlamento europeo di fermare la vendita di auto a benzina, diesel e GPL dal 2035.
La sua è l’ennesima voce preoccupata, dopo quelle dagli industriali piemontesi e dal rettore del Politecnico Guido Saracco, tutti uniti nel bollare la scelta come “talebana” e foriera di problematiche occupazionali.
Ora, nel nostro Paese – e nella nostra città in particolare – il quadro occupazionale legato al comparto dell’automotive versa in uno stato di crisi tale da rendere incomprensibile questa tardiva enfasi a difesa dei posti di lavoro: basti pensare che a Torino e provincia, negli ultimi 12 anni, secondo i dati della Fiom, si sono persi 32.000 posti di lavoro (-27.2%) e hanno chiuso i battenti 370 imprese del settore metalmeccanico (-39%).
Sono dati che dovrebbero farci riflettere e, quanto meno, indurre la classe dirigente cittadina a una severa autocritica sulla capacità di elaborare una politica industriale seria, che sappia innovarsi rispettando parimenti i lavoratori e il nostro pianeta.
Invece siamo qui a lamentarci perché l’Europa cerca di costringerci ad abbandonare da subito, cioè ORA, i progetti di investimento basati sui combustibili fossili.
La scadenza del 2030 per il dimezzamento delle emissioni globali di CO2 non è una data contrattabile, semplicemente se aspettiamo oltre prima che le emissioni calino non sarà più possibile invertire la tendenza con conseguenze sull’ambiente, sulla salute e sull’economia che a stento immaginiamo.
E allora sarebbe auspicabile un maggiore senso di responsabilità da chi ci governa perché non sono davvero accettabili le scuse sentite in questi giorni, fin ultima quella sui problemi etici legati all’approvvigionamento del litio, quando per decenni si sono ignorati bellamente i legami tra il petrolio e lo scoppio di guerre nel mondo.
A costo di essere bollati come “talebani”, è necessario incominciare a dire alcune cose molto chiaramente:
1) la transizione energetica, necessaria non solo per il pianeta e chi lo abita (noi, in primis), crea posti di lavoro a patto che si incominci da subito a sostenere la formazione e la riqualificazione di tutte quelle figure che possono trovare impiego in nuove attività lavorative. D’altronde il rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia del 2021 ha stimato che l’azzeramento delle emissioni porterebbe ad un aumento del Pil globale dello 0.4% all’anno;
2) 14 anni di tempo mi sembrano più che sufficienti per creare infrastrutture adeguate ad una mobilità elettrica, che aspettiamo?
3) l’auto del futuro è alimentata con energia rinnovabile ma soprattutto è condivisa. Sì, condivisa. Per la maggior parte di noi non ha alcun senso possedere un mezzo per usarlo meno di mezz’ora al giorno consumando risorse economiche, tempo e suolo;
4) le nostre industrie devono passare dall’idea di “vendere auto” all’idea di “vendere mobilità”, che è poi quello di cui una città come la nostra avrebbe assolutamente bisogno visto che abbiamo il record italiano di auto in rapporto al numero di abitanti (assoluta follia).
È passato un anno da quando iniziava la campagna elettorale per le amministrative a Torino, interamente condotta al grido di una città più sostenibile e a misura d’uomo. Dopo 365 giorni rimane l’ipocrisia e l’inadeguatezza di chi al futuro del pianeta e di tutti noi, anche oggi, ci pensa domani.
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